28 maggio, 2013

L'eleganza del pesce

Elucubrando non chiedetemi perchè su me stessa, sono giunta alla conclusione che la sensazione che più spesso ho provato, che sento cucita sulla pelle, che ho imparato a gestire, a cui mi sono in qualche modo assuefatta, quella con cui praticamente convivo, è quella del

Pesce fuor d'acqua

Succedeva da bambina, quando le mie compagne di scuola si erano iscritte in una palestra e io in un'altra: nell'intervallo loro facevano crocchio raccontandosela di spalliere, travi, scarpette, scaldamuscoli, colore del body, simpatia/antipatia dell'istruttrice....e io mi sentivo PFDA.

A settembre, quando ricominciava la scuola, le maestre immancabilmenente chiedevano di raccontare delle nostre vacanze: e allora via! Fiumi di parole su spiagge, onde, sole, ombrelloni, secchielli, braccioli, scottature. Io, fuori dal coro, raccontavo di scarponi, camminate, rifugi e polenta. PFDA.

Alle medie cominciavano le prime uscite indipendenti, spesso seguite dai primi amori. Le mie compagne passavano ore a raccontarsi di quello e quell'altro, che erano andati al cinema, avevano fatto un giro in bici, avevano preso il gelato (e poco altro, allora eravamo tardone). E io? Col mio difettuccio, nessuno mi guardava "in tal senso". Quindi amica, quindi compagna di scuola. Ma nulla più. Niente da raccontare. PFDA.

Alle superiori impazzivano tutte per le lunghe, oserei dire interminabili uscite del sabato sera in cui si partiva da un bar e si finiva in discoteca, attraveerso peregrinazioni insensate, per le vie della città. Io non mi divertivo e quindi ho smesso quasi subito di partecipare a queste allegre serate, tagliandomi fuori con le mie stesse mani. E poi non guardavo Beverly Hills. Lunedì mattina: nulla da raccontare, men che meno da condividere. Manco a dirlo PFDA.

All'università ho sempre scelto di viaggiare giornalmente. Non mi sono trasferita. Non ho lasciato la casa dei miei perchè già la retta era salata e lavorare avrebbe voluto dire forse pagarsi un affitto, ma di certo impiegare più tempo a laurearmi (quindi aumentare in numero di rette da pagare). Perciò, niente "vita universitaria" nella metropoli, niente aperitivi lunghi, niente pomeriggi di studio tutti insieme, niente feste. PFDA.

Oggi al lavoro, in mezzo a tutti programmatori e sviluppatori, pestatori di codice sulle tastiere, nerd fino al midollo, nerd dentro e fuori anche le ragazze, spesso (ehm...sempre) fatico a star dietro ai loro discorsi. In pausa caffè li guardo, cerco di fare la faccia di una che capisce, ma in realtà non capisco una cippa e mi sa che loro invece questa cosa la capiscono benissimo. Finisco il caffè e me ne torno al mio lavoro. PFDA.

Forse da adolescente pativo. Da bambina un pochino. Poi come dicevo all'inizio, mi sono abituata e la sindrome del PFDA è diventata parte di me.

Non so, dite che devo farmi delle domande???

27 maggio, 2013

Padroni del proprio destino

La settimana scorsa ho letto questo post e tra un impegno e l'altro, non sono riuscita a commentare. Dato che ormai è passato troppo tempo, ci scrivo un post io, pari pari, con le mie idee e le mie riflessioni.
 
In linea generale, sono d'accordo con quanto scrive Chiara. La mentalità italiana tende a rallentare, posticipare e in estremi casi ad annullare, il distacco dei figli, la loro partenza, il "lasciare il nido".
Una persona di 19 anni che non lascia la casa dei genitori, non è niente di sorprendente, è la normalità, mentre forse all'estero lo sarebbe un pochino meno. Non neghiamolo. 
Loro però non sono meglio, secondo me. Sono diversi.
 
Penso a me stessa.
A 19 anni ho scelto di studiare a Milano, nonostante la facoltà che ho frequentato, una analoga, ci fosse anche nella mia piccola città. Ho scelto Milano e un'università privata con una specializzazione che alla Statale e nella mia città non c'era, specializzazione a cui tenevo davvero - e con ragione visto che quelle materie erano e sono rimaste la mia passione VERA, una scelta azzeccata non va mai rinnegata! Anche se non porta lavoro...
Quindi di fronte ad una retta salata e ad una distanza percorribile in giornata, non mi sono sognata di prender casa a Milano. Ho fatto 2 conti: avrei potuto cercare lavoro, ma questo avrebbe portato via tempo allo studio, prolungando la mia permanenza nell'ateneo, quindi aggiungendo rate. E poi chi l'ha detto che un lavoro da barista/commessa mi avrebbe permesso di pagarmi un affitto? A Milano erano già altissimi allora e non sempre si trova qualcuno con cui condividere casa. Forse era proprio questo l'aspetto che mi frenava maggiormente: non me la sentivo di convivere con estranei. Sarà per le esperienze negative raccontatemi da amici, la paura di trovarsi male, di imbattersi male, non so, ma non me la sentivo.
Alla fine, sono rimasta coi miei, dando costantemente ripetizioni per racimolare qualche soldo e non portare via troppo tempo allo studio.
Una volta laureata, appena avuto un contratto a tempo indeterminato (che poi non si è rivelato tale, ma questa è un'altra storia sob sob), sono andata a vivere da sola. Nella mia città, ovvio, perchè mi avevano CHIAMATA (chiamata, loro! mi avevano chiamata loro!) per questo lavoro che era proprio lì, in centro città. Era passato un anno esatto dalla mia discussione della tesi.
Il resto è storia.
 
Cosa avrei potuto fare? Mille altre cose. Non è vero che non avrei potuto per via soldi, perchè non ero ricca e non godevo di grandi disponiblità.
Avrei potuto non scegliere Milano, ma ad esempio Venezia, Bologna, Roma e trasferirmi là. Rinunciare alla mia inutile, ma amatissima specializzazione. Avrei potuto scegliere un'università statale che mi sarebbe costata meno, avrei potuto mantenermi lavorando e poi scegliere di andare chissà dove, trovando il coraggio di intraprendere una vita diversa, di condividere un mini appartamento con qualcuno.
Ma non l'ho fatto.
Perchè non mi andava di farlo. Ecco. Chiaro che i miei avrebbero patito, hanno solo me. Chiaro che avrebbero protestato, ma alla fine mi avrebbero lasciato scegliere, ne sono certissima, tutto sommato sono (erano...) giovani e aperti.
Il fatto è che nemmeno io volevo separarmi da loro così nettamente. Quando ho avuto il mio vero stipendio, ho subito cercato casa, sentivo fortissima la necessità di trovare la mia indipendenza. Ma prima non me la sono sentita, e non solo per i soldi! Perchè a 19 anni non me la sentivo, ma a 25 sì!
E' un male?
Non credo. Ognuno è diverso. Forse io sono maturata dopo.
Avevo diversi colleghi del Sud che per lavoro, per studio, hanno scelto di lasciare la famiglia e trasferirsi al Nord. Pensate che sia stato tutto rosa e fiori? Pensate che non abbiano sentito il distacco, provato nostalgia, solitudine, tristezza? Pensate che non se ne siano sentite di ogni dai loro "amici" che sceglievano di restare? Oh sì. In alcuni casi si sono sentiti dare dei traditori. Non è sempre facile.
Loro per necessità, l'hanno fatto. Io per scelta, no.
Nel mio caso la famiglia non c'entra nulla, non mi hanno tarpata o mortificata, ho sempre deciso IO. Non sono stati menefreghisti, ci abbiamo ragionato, ne abbiamo parlato, ma hanno fatto scegliere ME.
 
Questo fa di me una provinciale? Non lo so, ma io non mi sento provinciale. Non mi sento provinciale nella testa, e non perchè ho potuto viaggiare, visitare Londra e Buenos Aires. Io spero, credo di non essere provinciale per come ragiono.
 
Ho girato, ho viaggiato molto lo stesso. Ho visto tanti posti meravigliosi; 9 anni in una multinazionale mi hanno portata a contatto con persone, mentalità, culture e paesi diversi, stupendi e interessanti che mi hanno dato tanto, tantissimo, un sacco di ricchezza mentale.
 
Oggi, con questa crisona economica e di valori, penso che forse chi ha lasciato l'Italia ha fatto bene. Ma io ho scelto, tanti anni fa, di non farlo.
Poi chissà cosa ci riserverà il domani.
 

24 maggio, 2013

Scaricata

Ormai è ufficiale: una delle mie testimoni di nozze, donna che conosco realmente da una vita, amica con cui ho affrontato gli esami all'università, tra fatica e risate, con cui ho passato un sacco di vacanze, riuscendo quasi a non litigare, con cui ho condiviso tanti momenti speciali, bellissimi e bruttissimi, donna a cui io stessa ho poi fatto da testimone di nozze, mi ha scaricata.

Come vi ho già raccontato, mi ha coinvolta nella sua profondissima crisi matrimoniale, crisi iniziata praticamente subito, se non prima, del matrimonio stesso. Crisi che sembrava insanabile, perchè radicata su problemi seri, non su cavolate, crisi che sembrava crescere, crisi che le aveva portato problemi di salute.
Ho sempre cercato di essere l'amica di cui aveva bisogno. L'ho ascoltata, incoraggiata, consigliata (solo se richiesto) e appoggiata. Sempre. Anche quando mi chiamava mentro ero a cena fuori, anche quando mi tratteneva per ore, anche quando mi ripeteva cose che ormai sapevo a memoria. Anche quando mi rendevo conto che non mi ascoltava, quando le rispondevo.

Anche quando ha scelto la strada opposta a quella che le indicavo io. Su sua espressa richiesta.
"Cosa faccio?"
"Come faccio a capire cos'è giusto?"
"Come faccio a capire se lui cambierà o no?"
"Ti prego aiutami. Perchè forse...un parere esterno...più distaccato e lucido. Aiutami, dimmi come fare".
Ho provato a rispondere. Provato. Lei ha fatto l'opposto.

Da allora, si è spezzato qualcosa.
Le telefonate si sono quasi interrotte. Gli sms pure.

Ultima visita a me e mia figlia: febbraio 2012.
A giugno 2012 ero poi andata io a trovarla a pranzo, al volo, in un bar, con tempi ristretti. Era stata vaga, l'avevo vista stanca, ha parlato poco "Si va meglio, ma siamo ben lontani...". Non ho più chiesto.

Poi più nulla, solo qualche email. Vaga e vuota, da conoscente.

A marzo 2013 torno (sempre io)  a trovarla.
La crisi non c'è più, suo marito è diventato perfetto. Da violento verbale, maleducato, iracondo e irascibile, infantile e aggressivo, ora ha raggiunto la perfezione. Maturo, amorevole, consapevole.
"Ne sono felice, vedi, avevi ragione tu. Sapevi TU cosa era giusto fare e l'hai fatto", le dico.
Ma in cuor mio, non so se credo a questa favola della redenzione. Ma chi sono io per avere dei dubbi?

Da allora, se non chiamo io, lei non lo fa e se non le scrivo io, lei non lo fa. Di vedersi per sua iniziativa, nemmeno a parlarne.

Ha scelto il marito e scaricato me.
E va bene, meglio così.
Ma è giusto secondo voi?
Non la scelta, ma che abbia deciso di scaricarmi.
Posso capire che suo marito non mi ami. Nemmeno io amo lui.
Perchè non possiamo più essere sincere come prima? Perchè dobbiamo inviarci email che parlano del tempo? (Infatti non lo facciamo più). Perchè non vuole trovare un attimo per prendere un caffè, io e lei?
Perchè LEI mi ha scaricata? Giuro che non lo capisco del tutto.

23 maggio, 2013

E dopo le giornate NO....

....arrivano le giornate SI e quanto le apprezziamo, oh quanto!

Torni a casa un po' prima e riesci a cucinare seriamente un primo, un secondo, un contorno e la piccola apprezza divorando carne al pomodoro, spinaci, scamorza e fragole.
La Ballerina ronfa soave tutta la notte
Il cielo del mattino si presenta azzurro limpido e sole ti scalda subito le guance
Il lavoro alla fine, qualche barlume di speranza te lo dà.
La tua amica ti conferma che sì, la prossima settimana vi vedrete per una passeggiata
Una coppia di amici conferma che sì, domenica saranno ospiti a pranzo
Darcy butta lì in scioltezza un invito a cena, come se fossimo due fidanzatini
Una nuova ricetta da provare, quale miglior modo per rilassarsi?
Sabato previsto raid all'Ikea
Il vocabolario della Ballerina si espande a macchia d'olio e in generale i suoi progressi, sembrano (sono!) l'ottava meraviglia del mondo.

La stanchezza c'è ancora, non è che sia scivolata via magicamente, ma come scrivevo ieri, basta poco.

E domani è venerdì.

22 maggio, 2013

Le giornate NO

Le giornate NO sono quelle che seguono notti in cui la piccola ha avuto dei risvegli notturni. La mancanza di sonno è letale, soprattutto se va a posarsi su una situazione di partenza già funestata da stanchezza generica. Quella stanchezza fatta dell'essere mamma, lavoratrice, cuoca (scarsa) e massaia (ancor più scarsa) e sì, pure figlia. Quella stanchezza che ti fa trascinare al supermercato dopo l'ufficio con non sai bene quali forze. Ma lo devi fare.

Le giornate NO sono quelle in cui incameri freddo tutto il giorno nel tuo triste, spoglio ufficetto. Senti le dita che si raggelano, i vestiti freddi che si appoggiano alla pelle, la schiena che si raffredda dolorante. Appoggi le mani sul portatile, perchè è un po' caldo. Prendi caffè. Fai due passetti. Ma non cambia gran che. Incameri freddo e il freddo intorpidisce, aggiunge fatica. Altra stanchezza.

Le giornate NO sono quelle in cui torni a casa e quando apri la porta hai l'impressione che nel tuo soggiorno sia scoppiata una bomba: tutti i giochi della pargola sono in giro. Tutti. Fanno loro compagni fogli, matite, cuscini, oggetti vari che la trottola è riuscita a trafugare dalla cucina (tipo tovaglioli, imbuti, coperchi dei tupperware...).

Le giornate NO sono quelle in cui rientri in casa che è ora di cena e di fronte al casino di cui sopra pensi velocemente:
devo cambiarmi
devo andare in bagno (sono un'essere umano con esigenze fisiologiche anch'io)
devo bagnare i fiori
devo cambiare la bambina
devo preparare il tavolo
devo prepare la cena, per noi e per lei, che a volte necessita di portate extra
devo raccogliere almeno qualcosa da terra o qui non si cammina.
devo ritirare la roba stesa asciutta.

Le giornate NO sono quelle in cui ti rendi conto che nessun'altro oltre a te ha pensato di fare le cose di cui sopra (a parte cambiarmi e rinfrescarmi, ovviamente), o se l'ha fatto, il pensiero è rimasto tale, senza essere seguito da qualsivoglia azione. E improvvisamente ti senti sola. Nonostante in casa tua in quell'istante, oltre a te, ci siano altri 5 adulti.

Le giornate NO sono quelle in cui rientri tardi e tuo marito è ancora in studio che lavora e nemmeno si alza per dirti ciao. E di nuovo il senso di solitudine ti assale perchè sai bene quanto debba lavorare, ma un ciao ti avrebbe riscandata un minimo.

Le giornate NO sono quelle in cui suddetto marito sembra non capire che tu in quel momento cerchi solo un po' di pace, vuoi rilassarti, goderti lui e la vostra bambina riducendo al minimo i motivi di arrabbiature (anche della bambina)

Le giornate NO sono quelle in cui ti sembra di essere in piedi da decenni, ti sembra di aver fatto di tutto e di più e poi ti rendi conto che sulla scrivania campeggiano ancora dei documenti che dovresti leggere e ritirare.

Le giornate NO sono quelle in cui ti siedi sul divano, vorresti guardare un telefim che ti piace, ma alzando gli occhi verso l'orologio, realizzi che sono le 23.53 e stai crollando dal sonno.

A domani, sperando in una giornata SI.

17 maggio, 2013

Web giornalismo


Non voglio fare il censore, sono contraria alla censura per principio, ma sono contraria anche alla stupidità.
Al mattino appena arrivo al lavoro e prima di buttarmi nella mischia, mi concedo 5 minuti di siti di quotidiani (2 al massimo 3), per non sentirmi fuori da mondo e leggo i titoli e a volte approfondisco se ci sono articoli degni di particolare interesse.
Titoloni centrali:
Tasso di disoccupazione giovanile, mai così elevato
PIL decrescita per sette volte consecutive: record
Crollo del mercato immobiliare, siamo tornati a 30 anni fa
Donne dopo la seconda gravidanza: quasi impossibile rientrare nel mondo del lavoro
Morti, morti sul lavoro, morti perché non c’è più lavoro.


Trafiletti laterali:
L’ex velina Pinco Palla col fidanzato calciatore: shopping sfrenato a Milano
Belen sexy-mamma con sorella al seguito: shopping sfrenato a Milano
Michelle Hunziker sfoggia il neopancino: shopping sfrenato a Milano
Messi e la fidanzata: shopping sfrenato a Milano
La modella stragnocca semisconosciuta TiziaCaia si gode le vacanze a Miami.

Eccetera.


Sono io che sono strana, o qualcosa non funziona?

15 maggio, 2013

Di calcio e d'amore


Quando sono stata in Argentina, ho chiesto stupita a mio marito chi cavolo fosse sto Messi di cui tutti avevano la maglietta.
Viene fuori che trattasi del calciatore più forte del mondo, o almeno, da tanti ritenuto tale.
Tanto per dirvi quanto mi intendo di calcio.
 
Per me il calcio è uno sport barbaro, perchè ho sempre pensato che Dio ci ha fatto le mani, che funzionano così bene, perchè cribbio dobbiamo faticare il doppio e frustrarci con uno sport dove non si devono usare?
 
Per me le squadre, a grandi linee, si divono in 2 categorie: quelle simpatiche, che di solito hanno la maglia in tinta unita e quelle antipatiche, che di solito hanno la maglia a righe.
Io tifo, ma me lo tengo per me, il mio tifo è privato. Anche perchè da 37 anni non ho motivi per scendere in piazza a festeggiare. Ma nonostante ciò il mio tifo è accorato e sanguigno, radicato e bruciante.
Il fatto è che le altre squadre mi interessano poco, mi dà abbastanza da pensare la mia.
 
Una nota sul calcio britannico. Non so perchè, ma mi affascinano i nomi degli stadi inglesi e ne conosco parecchi. Sarà perchè taaaaaaanti anni fa ho abitato per un breve periodo vicino ad uno di essi. E così ho iniziato a provare simpatia per il Fulham. Non stupitevi se non lo conoscete, è normale. Londra è grande e di squadre ne ha fin che mai. Mi piace il Chelsea, simpatia senza fondamento, per i calciatori che ci militano, perchè penso al quartiere, perchè mi piace l'azzurro, sciocchezze femminili. Però mi sta pure simpatico l'Arsenal da quando ho letto Febbre a 90.
 
Ma perchè tutta questa filippica sul calcio?

Perchè la settimana scorsa quasi mi faceva litigare con Darcy.
Perchè è l'unico argomento che mi fa litigare con Darcy.
Perchè potrei dire le peggio cose di lui, ma guai alla sua squadra.
Perchè dicono che tutto si cambia tranne la mamma e la squadra, ma forse sulla mamma c'è del margine.
Perchè mio marito è ingegnere, come può non saper contare?
Perchè poteva andargli peggio, dice lui, potevo essere interista.
Perchè nessuno è perfetto, lui questo grosso difetto se lo porterà per sempre.
 
E va bene così.
Ci si deve completare, no?
Bisogna essere le due metà della mela, quindi perchè non le metà della stessa città?
 
Forse non lo amerei così tanto, se non avessimo queste occasioni per battibeccare.

Forse non gli vorrei così tanto bene, visto che mi ama lo stesso, nonostante il mio grande difetto.
 
Forse non lo amerei così tanto, se non potessi pensare con tenerezza "Cosa ci posso fare, è così!" con la stessa tenerezza di una mamma che guarda il figlio andare a camminare dentro l'unica pozzanghera del pianeta.

14 maggio, 2013

Però è vero

Al mattino mi alzo quatta quatta, mi muovo come un gatto, i vesititi sono già pronti fuori dall'armadio. Scendo, faccio colazione, prendo il caffè, apro l'acqua della doccia....."Mamma! Mamma! mmmmmuuuuuiiiiiiuuuuuhhhh mammmaaaaaaaa!"
Ok, arrivo, per fare la doccia aspetto che arrivi la nonna. Sarà una doccia lampo e per arrivare al lavoro volerò, invece di camminare, ma tant'è.

A pranzo torno da te, che di solito hai già quasi finito, sei già alla frutta. Io mi siedo a tavola, pronta a godermi un pasto in santa pace dopo una mattinata di: "No signora, la ringrazio ma non ci interessa". Metto in bocca la prima forchettata di pasta...."Mamma, mamma, Kitty mamma!!" e mi porgi carta e matita. Disegno Kitty, mentre mastico una pasta sempre meno saporita, perchè nel frattempo devo stare attenta che non ficchi la manica nel piatto, che non ti freghi i capelli con quella lurida cicciotta manina....
In qualche modo arriviamo al caffè. Già ne pregusto l'aroma. Ma tu sei già giù dal seggiolone. Mi afferri la mano con decisione: "Mamma, mamma, mamma, mamma, mammaaaaaaaaaaaa!" e mi tiri con violenza verso il soggiorno. Provo a resistere, il caffè è sacro. "Mamma, bbuuuuaaaa, mammmaaaaa!" Ok, arrivo. Prendo il caffè seduta per terra leggendo di una interessante festa in maschera a casa di Peppa Pig. "Mamma, icco, icco, mamma, icco!" Va bene, metto anche il disco di Peppa Pig...dicono che aiuti la digestione.

Vado al lavoro.

Torno dal lavoro.

Cerco di
1. Cambiarmi. Tu mi segui, sei la mia ombra, in camera, in bagno, ovunque.
2. Bagnare le piante. Tu mi pedini, col tuo annaffiatoio (vuoto), ovviamente di Hello Kitty, segui e ripeti tutti i miei gesti, salvo avere la grazie di un rinoceronte perciò alcuni rami dei gerani passano a miglior vita dopo il tuo passaggio, piccola unno-femmina.
3. Preparare la cena. Ma tu sei avvinghiata ai miei polpacci, ti stacchi solo per andare a prendere matite senza punta e intimarmi di temperartele. Non è preparare la cena, è una corsa a ostacoli.

La cena è servita.
"Ballerina, vuoi la pasta?" (tanto quello c'è)
"No"
"Il risotto" (tanto non c'è)
"No, no pappa"
"Vuoi il prosciutto?"
"MMMmm no, no pappa!"
Poi per fortuna, vinci la quotidiana diffidenza e ti scofani l'impossibile, perchè in fondo, hai fame.
Ma guai, guai a farti vedere un'oliva. Manco da lontano, perchè il mondo scompare, pure tua madre. Esistete solo tu e le olive. Che diventano primo, secondo, contorno e frutta.

Dopo cena, finalmente, abbiamo tempo di giocare insieme un'oretta. Mi dedico a te sul serio. Io sono a pezzi, ma ce la metto tutta. Disegno Kitty, leggo e rileggo storie che so a memoria, ascolto cd terrificanti, costruisco casette, scrivo parole. Mi si chiudono gli occhi, vorrei potermi buttare sul letto.

Però è vero, che quando tu mi sorridi, mi tendi le manine, appoggi la tua faccina alla mia, è vero che tutto quanto viene ripagato. E' vero che quando mi corri incontro e mi abbracci le gambe, un po' di stanchezza se ne va. E' vero che quando i tuoi occhioni sorridono d'amore per me, non conta più nient'altro.

10 maggio, 2013

Mi girano

Resto sempre allibita quando certe persone inanellano idee che paiono intelligenti e sensate, ma poi, a un certo punto, formulano delle proposte fuori dal tempo e prive di logica, facendomi pensare "ma com'è possibile proporre cose sensate e poi subito dopo una stupidata simile?"

Stavo leggendo su internet, in pausa pranzo, le idee che propone un giovane rampante politicante della mia città. Non conosco questa persona, so chi è, è evidentemente uno a cui piace far parlare di sè, se non ho capito male sta anche per pubblicare un libro oltre al resto (avvocato attivo politicamente). Dicevo, non lo conosco, ma mi sono soffermata a leggere le sue proposte alternative all'IMU. Lui sostiene che l'IMU vada cancellata completamente, essendo di per sè una tassa sul qualcosa (la casa) che dovrebbe essere un diritto e che la maggioranza delle persone, acquista indebitandosi con fatica dopo anni e anni di duro lavoro. Quindi sostiene che non ci siano i presupposti perchè questa tasse esista.
E va beh. Non mi addentro nella discussione.

Il ragazzo elenca una serie di proposte alternative che francamente, trovo sensate. Tra me e me penso Ma guarda, alla fine non è solo un fighetto con voglia di ribalta, dai Elizabeth come al solito sei snob con gli snob, non propone cose del tutto campate in aria e tu sei sempre prevenuta.
Ma poi arriva, la buccia di banana. Eccolo lì.

L'aborto.
Una delle idee è che l'aborto, in quanto costoso, in quanto costo che grava sui contribuenti, debba essere gestito "diversamente". Parla di azzerare i contributi delle ASL per gli interventi abortivi.
Ok quindi questo vorrebbe dire farlo a pagamento? Uhmm.
Sarò scema, ma secondo me questo porterebbe all'alimentazione di pratiche illegali, in condizioni igienico sanitarie discutibili...non so, pensiamoci bene. Sbaglio?
Non vorrebbe dire tornare indietro, isolare e demonizzare ragazze sole e spaventate che già hanno un macigno enorme sulla coscienza?
Non vorrebbe dire alimentare giri di soldi sporchi fatti su vite umane?
Non che ora queste cose non succedano, per carità, ma non ci sarebbe il rischio che aumentino? Che aumentino gli abbandoni nei cassonetti e nei bagni pubblici?
Ditemi voi.

E poi come al solito, o meglio, sorry, come spesso accade, questo personaggio parla di arginare la crescente pratica dell'aborto come sistema anticoncezionale.

E qui mi girano.
Allora bello mio.

Punto primo. A meno che non sia completamente decerebrata, una donna che decide/sceglie di abortire volontariamente, in ogni caso non lo fa col sorriso sulle labbra, non va al mattino in ospedale bella tranquilla e serena con se stessa come quando va a farsi togliere le tonsille.
Io non so neanche immaginare quale angoscia, strazio, lacerazione, senso di colpa, di inadeguatezza, e altro ancora, possano assalire una donna che opta per quella strada. Si dice che ci sia sempre un'altra via: si fa presto a dirlo, solo chi ci passa con la propria pelle può parlare.
Punto secondo. Io, io che sono donna e mamma, io che ho faticato per essere mamma, io mi ritorco dal dolore quando leggo di altre blogger che non ce la fanno, che inseguono la cicogna e questa puntualmente vola via, io mi sento morire al pensiero del loro dolore infinito, io che leggo queste cose provo ad immaginare quale futuro possa vedere davanti a sè una donna che perde il suo cucciolo, e pur leggendo queste cose e provando queste emozioni, non riesco ad essere così categorica, non riesco a dire E' Sbagliato. Punto. Perchè ci sono dei casi in cui non c'è niente di giusto, nessuna scelta, tutte sembrano sbagliate eppure obbligate e noi non se sappiamo proprio niente. (scusate, forse sono stata contorta, spero di essermi spiegata).
Punto terzo. Sei un maschietto e secondo me i maschietti che parlano di aborto, con tutto il rispetto, possono capire solo fino a un certo punto.

E infatti tu non capisci.


08 maggio, 2013

Tintarella di Luna

Sarà l'unica che potrò permettermi.
Non che finora io abbia mai raggiunto tonalità bronzee...

Qualche mese fa, più per caso che per reale preoccupazione, vado da uno specialista a mostrare un neo. Un piccolo bastardissimo neo quasi nero, dalla forma irregolare.

Da quanto tempo ce l'ha?
Anni.
E' sempre stato così scuro?
No.
E' sempre stato in rilievo?
No.
Va rimosso chirurgicamente. Al più presto. Prenoti l'intervento e se i tempi sono lunghi mi chiami che solleciterò io dando carattere di urgenza alla cosa.

Alla COSA. Arg. No, ma per tranquillizzare certi medici sono dei geni.

Sono passati 3 mesi, il neo non c'è più e l'esame era negativo....per un soffio. Tra pochi mesi si sarebbe tramutato in qualcosa di meno innocente, a detta dei medici. Che mi ordinano la visita di controllo a tutti gli altri nei ogni sei mesi. Stigrancavoli.
Naturalmente poi, ogni possibile immaginabile attenzione al sole.
Ma piove sul bagnato. Io sono una che mette la 30 in Liguria, la 50 in Grecia ed è capace di prendere il colpo di sole in Cornovaglia. In CORNOVAGLIA. Quindi posso dire senza tema di smentita che di creme solari, me ne intendo un pochino.
Dato che però questa cosa mi ha messo addosso quel goccino di fifa, per quest'estate alzerò ulteriormente le mie difese. La crema, certo, ma non solo.

Me ne sbatterò altamente se sembrerò un formaggino britannico in vacanza, ma al diavolo tutti girerò per la spiaggia col pareo tattico sulla spalla dove avevo il famigerato neo e crepi l'avarizia, giganteschi occhiali da sole sul naso (moooooolto diva) e finalmente avrò una valida, buonissima scusa per comprare il più grande cappello di paglia che esista su questa terra.

07 maggio, 2013

Ironia

Stamattina ho letto un post molto bello e leggendone i commenti mi sono resa conto che un male affligge certe mamme: la mancanza di ironia.

Scrivo e ho scritto spesso delle mie avventure/disavventure di mamma, delle cose poco divertenti che mi sono capitate prima del parto, delle mie scelte di mamma, delle mie sfighe di mamma-che-lavora...

Le mamme si sentono giudicate. Sempre.
Chi fa il cesareo
Chi partorisce in casa
Chi allatta
Chi non allatta
Chi usa la fascia porta bebè
Chi usa il passeggino
Chi usa i pannolini lavabili
Chi usa gli usa e getta
...e potrei continuare.

Come sapete io non ho subito un cesareo, ma il mio parto è stato tutto fuorchè naturale; ho allattato per 10 mesi la mia Ballerina, ma non l'ho vissuto come un tenero idillio, anzi: se da un lato ero felice dell'innegabile comodità che la tetta offre, dall'altro mi sono sentita una schiava, una donna che non poteva muovere un passo senza prole al seguito e questa sensazione spesso mi stava stretta.
Ho litigato fin da subito con le fasce porta bebè: ci ho provato, ma a quanto pare sono dotata di un'impeditezza congenita per cui ho presto desistito. Non ero in grado di annodarla nel modo corretto, non da sola almeno, quindi tanto valeva. E mia figlia diventava  domabile come un serpente unto, era estate, sudavamo come maiali una addosso all'altra.
Ho acquistato una confezione di pannolini lavabili, ma constatandone l'inefficacia, mi sono convertita agli usa e getta, mi perdoneranno gli ecologisti. Di nuovo, imbranata io, oppure ho sbagliato tipologia di pannolini, non lo so. Il risultato però è stato un fallimento.

Detto ciò, non mi sono mai permessa di giudicare chi ha fatto scelte diverse dalle mie. Anzi.

A fronte del mio parto sfigato, invidio chi ha partorito con più naturalità, così come chi ha potuto scegliere serenamente un cesareo. Che non rende meno mamma.
Non ho nulla contro chi non allatta al seno. Che figata dev'essere far alzare il papà alle 3 di notte a scaldare il biberon e rigirarsi nel lettone al calduccio!
Brave voi che riuscite a fasciarvi come dei koala amorevoli con le vostre creature, sarete sicuramente agevolate al supermercato, sotto l'ombrello e chissà in quante occasioni. Vi ammiro davvero, però io ho optato per il passeggino e alla fine, mia figlia - credetemi - mi vuole bene lo stesso.
Per i pannolini ammetto un po' di pigrizia, ma sappiate che ci ho provato, sul serio, e mi prendo la mia parte di colpa per l'inquinamente di questo nostro povero pianeta.


Cosa c'è di sbagliato nel prendersi un po' in giro l'un l'altra? Non credete che possa servire a tutte a sentirsi un po' meno sole? Meno imbranate? Meno sfigate?
Non pensate che nessuna di noi possa giudicare le scelte altrui?
Perchè certe mamme si ergono a giudice? Quante ne ho conosciute! Ti guardano dall'alto delle loro verità assolute e ti fanno sentire piccola piccola. Ma perchè? Perchè una non può essere libera di scegliere? A volte non si tratta nemmeno di scelte e allora a maggior ragione, perchè giudicare?

Prendiamoci meno sul serio, un po' di ironia non può che farci bene.