07 aprile, 2009

Terremoto

Ieri non ho scritto niente su cosa è successo in Abruzzo, non ci sono riuscita.
Ero in bagno, con la radio accesa, mi stavo preparando per uscire. Sento quella tremenda notizia e il mio pensiero va alle mie due zie, di cui una molta anziana, che vivono nelle Marche meridionali. Non capivo che estensione avessero avuto le conseguenze del sisma, la devastazione. Poi mia madre che mi rassicura; si sono svegliate, nella notte, hanno tremato tanto, hanno avuto tanta paura, ma da loro danni non ce ne sono stati. Stanno bene e quando le sento personalmente, mi sembrano addirittura inconsapevoli di ciò che è successo. Poi sento i cugini, che a Roma sono stati svegliati esattamente come le zie. In realtà qualcuno era ancora sveglio e si è subito allarmato. Ad ora di pranzo i telegiornali: la gente che si faceva coraggio aggrappandosi alla propria vita, tutto ciò che è loro rimasto, le case sbriciolate, gli edifici di nuova costruzione che non hanno retto, uno studentato pieno di ragazzi tra gli edifici più danneggiati. Un medico che a stento tratteneva il pianto. Il numero degli sfollati che cresce, così come quello delle vittime. Non voglio entrare nel merito del problema fisico, non ho la conoscenza per farlo. So che qualcuno dice che si poteva prevedere, ma non si poteva sapere esattamente dove e quando. E allora a cosa serve polemizzare? In generale, al punto in cui si è oggi, a cosa serve sprecare fiato dicendo "si poteva prevedere?". Ma poi io da profana mi chiedo: è vero? Si poteva davvero prevedere? Quando la Natura agisce io mi sento sempre sopraffatta dalla sua autorità e dubito delle reali capacità dell'uomo, nei suoi confronti. Possiamo darle fastidio e farle male, tanto che poi si ribella. Ma possiamo prevedere le sue azioni?
Il terremoto è un incubo, una tragedia come poche, ti porta via tutto.
E in me che sono lontana, illesa e non so cosa fare, mette addosso un senso di piccolezza e inutilità che mi fa rabbrividire.

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